Un giornalista e autore televisivo che ha sempre cercato una formula innovativa tra intrattenimento e divulgazione, rifuggendo dal cliché delle trasmissioni urlate, stracariche di ‘trash’: questi ultimi anni di ‘fake news’ e scarsa cultura scientifica gli hanno dato pienamente ragione
Giornalista attento e garbato, determinato nelle idee e nella professione, esperto di mass-media, autore e direttore operativo della produzione multimediale. Di lui, direttori e collaboratori dicono sia un professionista fidato e una persona perspicace e pragmatica. Da ottobre 2017 è autore e curatore di ‘Dentro e fuori la tv’, rubrica fissa e di successo di ‘Periodico Italiano Magazine’, mensile web di informazione e approfondimento culturale, di cui è caporedattore del settore: ‘Televisione’. Lo abbiamo incontrato per parlare di scrittura televisiva, della sua visione della tv di oggi e per cercare di capire quale sarà il destino della tanto amata ‘regina’ dei mezzi di comunicazione.
Dario Cecconi, innanzitutto cosa significa scrivere per la tv?
“Partiamo dal fatto che lo ‘scrivere’, in generale, è una dimensione dell’essere, uno stato esistenziale che libera energie. Principalmente, sono l’emotività, la tensione espressiva, la voglia di condividere un’idea, a ‘muovere’ la penna. Tutte cose che non si imparano. Gli elementi-base, quelli che stimolano tecnica e creatività sono: la capacità e la volontà di ascoltare; la consapevolezza di avere un messaggio chiaro da lanciare; l’interesse generale per la lettura, perché se non ti piace leggere non puoi neanche riuscire a scrivere bene. Scrivere per la tv, in particolare, significa immaginare centinaia di migliaia di persone che stanno vedendo e ascoltando, attraverso la televisione, i tuoi contenuti. Significa dare ai loro volti un’espressione felice o triste, interessata o indifferente. In sostanza, significa stimolare il loro buon gusto o il loro gusto trash”.
Qual è, a tuo avviso, la situazione attuale della televisione italiana?
“In questo momento, l’offerta televisiva propone una sorta di ‘marmellata’ del passato, i cui ingredienti sono, ormai, tutti conosciuti. Ci sarebbe bisogno di qualcosa di diverso, di nuovo. Le idee geniali di giovani autori, promettenti, capaci, di avanguardia, potrebbero essere il punto di svolta. La televisione commerciale, con la sua esplosione a meta degli scorsi anni ’80, aveva indubbiamente dato un notevole scossone a tutto il comparto. Da quel momento in poi c’è stata una ripartenza: programmi nuovi, volti nuovi. Adesso, siamo in completo ‘stallo’. Dovremmo ripetere quella ripartenza, pur considerando che ci troviamo in un momento storico-culturale completamente diverso. Ma volere è potere: gli autori validi non mancano; perciò, non mancano neanche le loro valide e nuove idee”.
La televisione del passato e la tv di oggi: che cosa è cambiato dal punto di vista autorale?
“Ad oggi, ai programmi ‘pensati’ sono preferiti, sempre più spesso, i format acquistati all’estero in altri Paesi hanno già riscosso un discreto successo in termini di gradimento da parte del pubblico, ma in cui, purtroppo, il ruolo degli autori è ridotto al minimo. Il ruolo dell’autore capace, creativo, che riesce a immedesimarsi nello spettatore, che riesce a scrivere e a realizzare programmi con sensibilità e intelligenza, dovrebbe essere, invece, valorizzato. Di idee belle e nuove ce ne sono abbastanza: basterebbe metterle in pratica”.
È vero che la televisione sta rischiando di cedere il passo al mondo del web e alle varie piattaforme social?
“Sì, il web e le varie piattaforme social stanno prendendo piede sempre più e, in larga parte, hanno già preso il posto della tv. I giovani e i giovanissimi, soprattutto, sono i principali fruitori di questi nuovi strumenti di comunicazione. Se la televisione non sarà capace di rinnovarsi in fretta, di portare dalla propria parte tutto ciò che il mondo digitale propone e ci offre, rischierà di perdere il suo attuale primato di mezzo di comunicazione di massa più utilizzato e amato”.
Quali sono i tuoi programmi televisivi preferiti?
“A me piacciono molto i programmi che raccontano storie di vita vissuta, talvolta intimisti, realizzati sulla base di interviste che riescono a far riflettere sulle esperienze di vita degli altri. In pratica, quei programmi che sono in grado di lanciare messaggi positivi, di speranza e di voglia di farcela. Mi piacciono anche i programmi pensati per mettere in risalto, in modo semplice, leggero ma intelligente, la cultura artistica, letteraria, scientifica. Senza troppe pretese, ovviamente, ma con una formula che fornisca contenuti. Tra i miei preferiti ci sono anche i programmi d’intrattenimento: quelli leggeri, divertenti, ma non volgari, ovviamente”.
Ci puoi dire chi sono i tuoi presentatori televisivi preferiti?
“Beh, non è semplice rispondere a questa domanda, perché ce ne sono molti che mi piacciono. Generalmente, adoro i conduttori che, oltre alla propria professionalità, portano in tv anche la loro sensibilità, il loro cuore e riescono a trasferire emozioni al pubblico. Senza nulla togliere agli altri, proprio sulla base di questo concetto, faccio due nomi: Gerry Scotti e Mara Venier. Sono due volti ‘storici’ della televisione italiana, ma sono molto amati da un pubblico trasversale”.
Hai mai pensato di condurre un programma televisivo?
“Sì: devo dire che mi piacerebbe condurre un programma tutto mio. Però, dovrebbe essere un programma che sento veramente mio, dal contenuto non scontato o la fotocopia di altri programmi”.
Quali caratteristiche deve avere, secondo te, il bravo conduttore?
“La qualità principale che ogni conduttore deve avere è, in assoluto, l’empatia. E questa è un’altra di quelle qualità che non si può imparare. È una dote naturale: o ce l’hai o non ce l’hai. Il bravo conduttore, inoltre, dev’essere in grado di rispettare tempi, spazi e interlocutori: deve dimostrare che non si trova lì per caso, ma che quella è ‘casa sua’, che lui è il buon ‘padrone di casa’ e che i telespettatori sono sempre suoi ospiti graditi, così come gli ospiti in studio”.
Lei cosa augura alla televisione del futuro?
“Le auguro di riuscire a mantenere il primato come mezzo di comunicazione più utilizzato e amato, in assoluto. Le auguro di riuscire a puntare sulla professionalità e sul talento dei giovani autori, competenti e capaci di intercettare i gusti di un pubblico sempre più ampio, consapevoli del fatto che, accanto all’esigenza di accontentare gli spettatori, ci deve essere anche la volontà di dare maggior spazio ai contenuti e di stimolare il buon gusto e l’intelligenza. Vincerà la televisione capace, da una parte, di innovare e, dall’altra, di recuperare dal passato serenità e garbo”.
Intervista di Vittorio Lussana