Termina in questi giorni la terza edizione del Festival dei Monti Azzurri: un’iniziativa turistico-culturale della comunità montana maceratese, che ha saputo proporre una serie di idee e di contenuti innovativi in leggerezza ma senza la consueta ‘bolgia’ dello ‘struscio’ estivo, al fine di tornare a parlare di un equilibrio possibile tra campagna e città, spirito religioso e tematiche ambientali, senza conservatorismi nostalgici né provincialismi ‘strapaese’
Dal 23 luglio scorso e fino al prossimo 13 agosto 2022, dai Monti Azzurri si diffonde un ‘crossver sonoro’ che canta all’anima: dal ‘concerto velato’ delle monache benedettine di clausura, al suono dei Beatbox, che hanno incantato con il fascino del mitico quartetto di Liverpool; dalla splendida voce di Mafalda Minnozzi, virtuosa del jazz, samba e bossanova, all’arpa classica di Lucia Galli, fino al violinista Marco Santini, tanto caro a Papa Francesco, che dopo averlo ascoltato gli ha scritto: “Il suono del violino diviene suono del creato”. Questo il nuovo viaggio attraverso i ‘Monti Azzurri’ con la terza edizione di un festival che, in quest’estate 2022, ha avuto per tema: ‘Chiostri e inchiostri di pace: spiritualità e pensiero creativo contro ogni solitudine’. “Turbati, desideriamo la serenità della piccola comunità; un rifugio che rifletta la bellezza dell’universo e dove l’essere insieme, tra sussidiarietà e solidarietà, crei un futuro di spiritualità e pensiero creativo contro ogni solitudine. Saranno godimenti pittorici, musicali e in natura con alcune riflessioni in leggerezza ad illuminarci. Dunque, buon cammino tra borghi, chiostri e corti dei Monti Azzurri”. Così Sandro Polci, ideatore dell’iniziativa, ne illustra le ragioni, mentre Giampiero Feliciotti, presidente dell’Unione Montana Monti Azzurri, esalta l’attualità dei 15 comuni della provincia di Macerata: “Paesi che modellano nelle colline la loro identità culturale, dall’agricoltura di eccellenza con la sua storia mezzadrile, quando per mietere e vendemmiare era decisiva la collaborazione delle famiglie, fino alle eccellenze culturali e artistiche, esaltate anche in questa edizione, e al gran lavoro per le ‘Green Communities’, strumento di futuro benessere ecosostenibile per i nostri territori”. Il festival è stato organizzato dall’Unione Montana dei Monti Azzurri ed è sostenuto dal Consiglio regionale, dall’Assemblea legislativa delle Marche, dalla Camera di commercio delle Marche e da Bper Banca. Abbiamo voluto approfondire i contenuti di questa iniziativa incontrando il suo ideatore, l’architetto Sandro Polci, che gentilmente ci ha rilasciato la seguente intervista.
Sandro Polci, siamo ormai al termine della terza edizione del festival dei Monti Azzurri, la comunità montana composta da 15 comuni della provincia di Macerata: com’è andata, quest’anno?
“E’ un bilancio sereno: l’obiettivo che ci eravamo dato. Con Giampiero Feliciotti, presidente dell’Unione Montana Monti azzurri, volevamo infatti lanciare/lasciare una riflessione condivisa e serena, che rispondesse alle tante sollecitazioni negative di questo tempo: guerra, pandemia, carenze energetiche e, come un’ombra pesante, il difficile ‘post-sisma’. Tendiamo a chiuderci, a un alito di diffidenza e sociopatia e lo facciamo rifugiandoci in piccole comunità rassicuranti, che non debbono però essere anguste ma, al contrario, riflesso del cosmo. I nostri 15 comuni dell’Unione sono uno scrigno di bellezze e identità, ma sono anche i luoghi dello spopolamento e dell’invecchiamento. Serve un pensiero creativo, per guardare le stesse cose con occhi nuovi. Dunque, ‘Memoria’ ma non ‘Nostalgia’, per pianificare un futuro condiviso nei “Paesi che modellano nelle colline la loro identità culturale tanto nell’agricoltura di qualità, con la sua storia mezzadrile, quanto per mietere e vendemmiare era decisiva la collaborazione delle famiglie”, fino alle eccellenze culturali e artistiche, esaltate anche in questa edizione del Festival”.
Queste iniziative di valorizzazione dei nostri territori stanno prendendo piede: è questa la risposta giusta per creare un nuovo tipo di turismo culturale o laicamente religioso?
“Si. I nostri borghi tornano ad attrarre: per lo ‘smart working’, per nuove politiche di ripopolamento, per il facile accesso al ‘bene casa’, mentre turisticamente avviene per un clima mite, una vita identitaria e naturalisticamente viva, le attività outdooring e di cammino e bike. Ma dall’albergo diffuso alle attività esperenziali, dobbiamo fare meglio e insieme, poiché solo con una offerta territoriale e non campanilistica si attraggono giovani e turisti, capaci di essere ‘cittadini temporanei’, integrati e soddisfatti”.
Quest’edizione 2022 del festival dei Monti Azzurri s’intitolava ‘Chiostri e inchiostri di pace’: è in atto un ritorno alla spiritualità, secondo lei? Oppure, ci stiamo dirigendo verso un mondo nuovo, fatto di spirito, ma anche di solidarietà concreta, realmente attuata?
“Entrambe le cose: la spiritualità, che non è necessariamente sinonimo di misticismo, alimenta il pensiero, mentre l’agire quotidiano lo sostanzia. Così, la nostra conferenza stampa l’abbiamo avviata premiando le associazioni e i gruppi spontanei di volontariato che suppliscono alle difficoltà prestazionali degli enti locali: ‘lo straordinario di ogni giorno’ di questi luoghi solidali, da noi proposti nella dimensione claustrale. Ma i chiostri non sono solo quelli, splendidi, monastici, che pure stiamo visitando, per comprenderne arte e spiritualità; abbiamo evidenziato anche i ‘chiostri contadini’, con le loro aie rurali, dove le famiglie vivevano e si prodigavano per il sostentamento quotidiano; e anche i ‘chiostri moderni’, come il centro culturale inaugurato, per giovani e anziani, a Ripe San Ginesio (Mc), in compagnia di Vincenzo Mollica, il quale ha narrato gli inediti avvenimenti della sua vita, giovanile e ‘borghigiana’. Con tale spirito abbiamo proposto e proponiamo godimenti pittorici, musicali e in natura con alcune riflessioni in leggerezza a illuminarci”.
Tra le varie serate che si sono svolte nei 15 comuni del maceratese, qual è stata quella più suggestiva, questa volta? E quale ha riscosso un maggior successo di pubblico?
“Il meglio deve sempre venire ma, tra gli altri, porto nel cuore la ‘clausura condivisa’ con le Monache benedettine di Monte San Martino (Mc), dove la musica è perizia tecnica e suadente bellezza, dunque condivisione spirituale. Hanno così eseguito una ‘preghiera/concerto velato’ dalle finestre del primo piano, mentre il pubblico camminava e sedeva nel chiostro sottostante. È solo uno degli eventi itineranti del ‘Festival contro ogni solitudine’, che cerca una radice nuova, la creazione di una ‘Green community’ tra le colline e i borghi delle armonie”.
Ecco, ci parli delle ‘Green communities’: si tratta di un tentativo per combattere alcuni fenomeni, come lo spopolamento e il depauperamento di alcuni territori dell’Italia interna, oppure è solo una moda passeggera, dovuta all’attualità delle tematiche ecologiche, legate anche ai cambiamenti climatici del pianeta?
“Purtroppo le tematiche ecologiche e i mutamenti climatici non sono passeggeri e, fortunatamente, le ‘Green Communities’ sono un valido strumento di futuro benessere ecosostenibile. Quindi, serve riflettere sulla bellezza e il desiderio di ‘essere e fare’ comunità. Ed ecco che, grazie ai recenti piani di sostegno statali, saranno valorizzate le ricchezze naturalistiche e agroalimentari, lo sviluppo ambientale, tecnologico e sociale, con particolare attenzione alle risorse: l’acqua, i boschi, il paesaggio. Sarà finalmente sviluppo sostenibile, rivoluzione verde e transizione ecologica. Ma ‘Green Communities’ significa anche: mobilità sostenibile, per utilizzare quelle stesse energie prodotte a livello locale; energia rinnovabile locale: idroelettrico, biomasse, biogas ed eolico con le infrastrutture e l’edilizia in gestione sostenibile; infine, infrastrutture per la comunicazione: connessioni adeguate, infatti, garantiscono qualità dei servizi, trattengono i giovani con nuove professionalità digitali e attraggono turisti”.
C’è anche chi è critico nei confronti di un ritorno al provincialismo ‘strapaese’, una sorta di critica al ‘mondo piccolo’ di ‘guareschiana’ memoria, conservatore e generatore di pregiudizi verso la vita di città: riuscirà l’Italia a trovare un equilibrio tra campagna e grandi metropoli urbanizzate?
“Per tutto ciò che le ho detto – e la ringrazio per l’attenzione nelle domande – non viene proposta o favorita nessuna chiusura, nessun ‘culto della cenere’, ma il fuoco vivido di una innovazione creativa, densa di futuro, priva di nostalgia, che vuole rendere il passato ‘pietra angolare’ memore e resiliente, perché “chi dimentica il passato non ha alcun futuro”. Buon cammino”.
Intervista di Vittorio Lussana